Il responsabile del settore giovanile del Milan Filippo Galli, spiega un nuovo orientamento verso i ragazzi nella formazione di “calciatori”. Secondo l’ex difensore centrale un modo importante per acquisire sicurezza in campo è quello di toccare moltissimi palloni; anche se a livello giovanile non è molto seguito. Da un articolo di Stefano Scacchi nel quotidiano “La Repubblica” l’analisi completa.
C’è un altro Milan in costruzione, 60 chilometri più a sud del centro sportivo di Milanello. E’ quello dei ragazzi e dei tecnici del settore giovanile, guidati da Filippo Galli, l’ex difensore centrale dello squadrone di Arrigo Sacchi ora responsabile del vivaio rossonero. L’esperimento va in scena sui campi del centro sportivo Vismara, dove si allenano le formazioni fino agli Allievi Nazionali (Berretti e Primavera invece svolgono le loro sedute vicino alla prima squadra a Milanello).
Da alcuni mesi le squadre dei baby-talenti lavorano seguendo i precetti di un decalogo racchiuso nel documento chiamato “Modello Milan”, elaborato dopo un tour di studio presso i migliori centri di formazione calcistica d’Europa su mandato di Adriano Galliani e presentato per la prima volta in pubblico a Milanello nel corso di un incontro con Arrigo Sacchi. Uno dei principi fondamentali è quello di abituare i ragazzi a non avere paura delle scelte da compiere in campo con il pallone tra i piedi. “Solo così potranno diventare calciatori di Serie A, se avverti timore su un campo di un torneo giovanile, come puoi scendere in campo a San Siro. Ma l’unico modo per acquistare questa sicurezza è quello di toccare più palloni possibili. Purtroppo molte squadre a livello giovanile non fanno così, ma giocano sul rinvio e sulla seconda palla, chiudendosi molto”, dice Galli facendo riferimento a ragazzi che toccano il pallone meno di 20 volte nel corso di una partita.
Il processo di crescita suggerito da Modello Milan passa da un calcio propositivo nel quale tutti, a partire dal portiere, devono impostare la manovra. L’obiettivo è quello di conquistare la metà campo avversaria attraverso appoggi, triangoli, aperture, affondi in verticale. Sempre senza forzature. Un possesso palla che non sconfini nell’autocompiacimento, come talvolta accade nella scuola spagnola, ma sia funzionale a spiegare ai ragazzi cosa vuol dire assumersi le proprie responsabilità sul prato.
Ai ragazzi viene insegnato a familiarizzare più possibile con il pallone, fin dagli elementi tecnici più essenziali, come il controllo di palla aperto, prima tappa indispensabile per pensare di avere più opzioni per il passaggio offensivo perché permette di girarsi rapidamente verso la parte del campo da attaccare. Nel laboratorio del Vismara si insegna a non avere paura di giocare, in anni nei quali gli adolescenti devono recuperare la destrezza che un tempo si apprendeva al parchetto. Per tornare grande il calcio italiano ha bisogno anche di questo.
A. L.
redazione calcio giovanile sicilia
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